venerdì 27 giugno 2008

Petrolio e profezie

Oggi Chakib Khelil, capo dell'OPEC, l'organizzazione dei principali produttori mondiali di petrolio ha fatto una previsione: durante l'estate il prezzo del petrolio potrebbe raggiungere i 170$ al barile. Effetto immediato? L'aumento del prezzo del petrolio! Oh, yes...

Spesso in sociologia si utilizza l'espressione "profezia che si autoavvera", il cosiddetto teorema di Thomas, dal nome del grande sociologo americano, fondatore della Scuola di Chicago, cacciato dal suo posto di lavoro e studio per una questione di moralità matrimoniale.
Se tutti cominciano a credere vera una cosa, quella cosa diverrà vera sul serio (per dirla sinteticamente e male). L'espressione a dire il vero appare spesso abusata, ma l'esempio che faceva l'autore riguardava proprio la finanza (se si sparge la voce che una banca è insolvente, tutti ritirano il proprio denaro e la banca lo diventa davvero).

C'è un nesso tra le altalene emotive della Borsa e la credenza? Sembra assodato. Un vecchio adagio di Borsa dice che "se tutti vendono non stare a chiederti il perché, vendi anche tu". Anche la grande finanza non segue leggi matematiche, ma corre sulle ali delle emozioni (a ricordare gli studi sulla folla di Le Bon più che quelli economici di Von Hayek).

Forse è per questo che il Comune di Milano per ripianare i bilanci qualche anno fa ha sottoscritto dei fondi rischiosi (i "derivati", roba al cui confronto i mutui subprime sono una cosa sicura) e avrebbe pagato una commissione di 73.000.000 di euro anziché di 120.000 (così diceva oggi il TG regionale).

Oggi la grande stampa economica dice che ci fu "demagogia" nel far credere ai cittadini che si trattasse di investimenti sicuri (o semplicemente di investimenti come altri). Non si sente però sapore di autocritica: la demagogia è fatta dalle banche? O magari dagli organi di informazione?

Ora si annunciano bancarotte (la prima, a Taranto c'è già stata) e potrebbero coinvolgere in maniera bipartisan (!) amministrazioni locali di ogni orientamento. Non consoli tutto ciò, ma spinga a riflettere su alcuni mutamenti tumultuosi (un tempo si usava la metafora del turbo-capitalismo o iper-liberismo), che hanno caratterizzato la "rivoluzione conservatrice" degli anni Ottanta. L'economia reale non è più di moda (come gli operai), la finanza vince su tutto, ma è volatile e spesso si confonde con la speculazione (come autorevolmente sostiene il primo pentito del liberismo, Giulio "Robin Hood" Tremonti).

Eppure ancora una volta se la Borsa scende i commentatori parlano di "fatalità": lo si spieghi a chi domani farà benzina al 10% in più di oggi a causa di una dichiarazione pubblica.
Forse è venuto il momento di riprendere in mano le sorti dell'economia, finendola con le sole politiche di lassaiz faire.

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