martedì 27 gennaio 2009

Mixofobia in cucina

La notizia più recente è quella di Lucca: niente locali di "etnie diverse" in centro città.

Ma vi era già stato un caso analogo: in occasione dell'ennesimo allarme dei media per il cibo proveniente dalla Cina (il caso del latte alla melamina). Il caso si è risolto bene (due condanne a morte e un ergastolo ai titolari delle aziende colpevoli dell'avvelenamento), ma in quell'occasione, il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia, intervistato chiosava sorridente: "Se non andrò più al ristorante cinese? Non ci sono mai andato e continuerò a non andarci!".

Nel corso del 2008, avevo assistito a un seminario sull'immigrazione in cui un grande esperto, Maurizio Ambrosini, parlava dell'integrazione all'interno delle città. Uno degli indicatori che rivelavano la capacità di integrazione era secondo lui la presenza di locali etnici. In quell'occasione mi sembrò un'esagerazione: di per sé il fatto che esista un venditore di kebab, non mi sembrava un grande indicatore.

Quando si sbaglia bisogna ammetterlo.

Un paio di riflessioni conclusive:

1) la paura di mescolarsi all'altro (mixofobia) potrebbe privare delle delizie del sushi i poveri cittadini di Lucca (cioè i concittadini di quell'ex-presidente del Senato che definisce l'Europa di oggi "meticcia"...);

2) quando si è cercato di spiegare una delle più grandi tragedie del Novecento, il massacro di hutu e tutsi in Ruanda e Burundi del 1994, alcuni hanno raccontato che, per anni, fin dai tempi delle scuole, i bambini venivano educati a odiare gli altri. Dall'odio al machete il passo fu breve. In Italia non corriamo questo pericolo ma, forse, una riflessione su quale paese stiamo costruendo andrebbe fatta.

Buona giornata della Memoria a tutti: uno, due, tre.